Le parole e i pensieri da non dimenticare

“Lo 0- 6 non è uno spazio fisico, bisogna saper mettere insieme educatori e insegnanti per farlo bisogna disapprendere quello che sappiamo…”


Le parole e i pensieri da non dimenticare del Convegno Nazionale di Roma Coltivare dentro l’imprevisto le risorse

Anche alcune di noi del gruppo territoriale Puglia erano a Roma il 19 marzo. Non è facile descrivere quello che abbiamo vissuto. Abbiamo provato molte emozioni. Gioia, empatia, stupore, meraviglia, inquietudine, disorientamento, speranza, fiducia. Abbiamo sentito molte cose, dense di tanti e complessi significati. Proviamo allora, a ricordare di seguito le cose sentite che vorremmo o dovremmo portarci sempre dentro, nel nostro impegno quotidiano nei servizi educativi e nelle scuole, ma anche nella dimensione dell’impegno sociale nel gruppo. Ovviamente lo faremo nella maniera più sintetica possibile quindi ci scusiamo con chi avrà la pazienza di leggere perché per forza di cose avremo dovuto saltare molte cose, ugualmente importanti. Ci scusiamo soprattutto con i relatori. Ma pensiamo che possano comprendere. Nell’ aprire i lavori del convegno Aldo Garbarini (riferendosi al titolo) ha ricordato che “l’incertezza e il rischio non possono essere ostacolo” per chi lavora e crede nell’educazione. Per forza di cose “nulla deve essere mai dato per scontato” e per costruire il sistema 0-6 dobbiamo “imparare dall’infanzia a crescere nella complessità”. Claudia Pratelli ha sottolineato la necessità di “aprire le scuole ai territori” per il “contrasto alle disuguaglianze”, con particolare riferimento alle disuguaglianze di genere, e per fare della città “una città educante”. Fra gli obiettivi primari della capitale “trasformare i nidi da servizi a domanda individuale a diritti universali”. Cura degli spazi verdi dei nidi e delle scuole come parte di cui il percorso educativo e scolastico non può fare a meno. Per finire un’esortazione per il lavoro futuro di tutti noi “coltivare dentro l’imprevisto le risorse”.

Il Ministro Patrizio Bianchi è stato virtualmente presente con un video. Ha messo a fuoco il concetto di “ri-pensare ai bambini” con la speranza che questo possa significare “poter ritrovare il senso della comunità in un paese distante”. Con particolare riferimento a quelle realtà che pur in presenza di cospicue risorse a disposizione “non sono in grado di cogliere tutte le opportunità che vengono offerte”. Subito dopo Antonia Labonia, profondamente commossa (presumibilmente per il fermento, l’attesa, l’entusiasmo e la speranza che percepiva dalla sala), e capace di far commuovere tutti i presenti, ha premesso “non chiudiamo gli occhi davanti a quello che succede ai bambini in guerra”. Dopo aver descritto la storia e la funzione che ha avuto, ed avrà ancora “almeno nei prossimi 40 anni ed oltre” il Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia nel nostro paese per “… garantire servizi educativi di alta qualità per bambini unici e competenti”, ha ricordato, tuttavia, che avere una nuova legge, le linee pedagogiche per lo 0-6, gli Orientamenti Nazionali per lo 0-3 “non significa avere servizi perfetti… è solo un punto di partenza”. I professionisti dell’educazione “non possono demandare ad altri la realizzazione…” del rinnovamento, e non possono farlo al di fuori del coinvolgimento della comunità. Ha parlato, invece, delle grandi sfide che attendono nel prossimo futuro l’umanità, Giorgio Parise. Fra tutte quella di “combattere le disuguaglianze fra paesi e all’interno degli stessi paesi”. In questo la “scuola pubblica è fondamentale…”. Come, peraltro, “la scienza ha un ruolo fondamentale nelle innovazioni… dobbiamo insegnare la scienza ai bambini sin dall’infanzia”. Citando la Montessori Parisi ha ricordato che “i bambini sono scienziati… è fondamentale che questo periodo della loro vita… non venga sprecato”. Susanna Mantovani, che coordinava la tavola rotonda, commentando con grande puntualità quello che i relatori avevano detto, ha aggiunto, a questo proposito, che curare il verde nelle scuole “…è già cominciare a insegnare le scienze”. Linda Laura Sabatini ha messo in evidenza come, purtroppo, tutte le statistiche che ci riguardano dicono chiaramente quanto “il nostro paese privilegi le politiche economiche piuttosto che le politiche sociali e scolastiche”. Ha detto proseguendo “…stanno crescendo le disuguaglianze… e questo interessa soprattutto i bambini… sono 1.400.000 i bambini in povertà assoluta nel paese”. Negli ultimi 10 anni la povertà dei bambini si è triplicata. Nelle regioni del sud si registrano purtroppo le concentrazioni più alte. Ugo Morelli ha esordito ricordando che “l’oggetto del nostro mestiere è la mente” e la mente è una cosa molto complessa “…siamo figli di un processo intersoggettivo che comincia nei primi giorni di vita” ed ha aggiunto “…per fare una mente ce ne vogliono almeno due. L’educazione fallisce quando nega questa complessità… escludendo la dimensione emozionale dai processi cognitivi”. Ma a proposito di educazione ha anche voluto sottolineare l’importanza della dimensione estetica e quanto “…l’estetica degli spazi” ci mostri l’attenzione da parte degli educatori e degli insegnanti a stimolare la creatività delle bambine e dei bambini. Silvana Borsari da medico, direttore sanitario dell’AUSL di Modena, ha sottolineato quanto sia importante che sanitari ed operatori della scuola lavorino insieme, per la prevenzione delle malattie, perché questo “…aiuta anche nella prevenzione delle disuguaglianze”. Sono fortemente in aumento i ricoveri in neuropsichiatria infantile. E’ importante individuare insieme “…quali strumenti dare ai bambini per stare nella complessità”. Sarà necessaria una formazione congiunta fra sanitari ed educatori, e questo speriamo sarà previsto dal Piano Sanitario Sociale della nostra regione Emilia Romagna. Usando sapientemente i toni del racconto Marco Baliani ha introdotto in modo piuttosto dirompente le sue riflessioni dicendo “gli esseri umani non sono speciali… la pianta è infinitamente più grande dell’uomo”. E, indicando le piante che erano state usate per decorare la sala, ha continuato dicendo “ognuna di quelle foglie sta facendo in questo momento qualcosa di infinitamente superiore a tutta la nostra esistenza”. Ha poi ricordato alcune pagine di pedagogia scritte da Pasolini nelle quali diceva che “la sua vita era stata segnata in qualche modo da una tenda che si trovava nella sua casa a Bologna”. Si impara soprattutto dalle cose e dalle persone che si incontrano. Per i bambini, soprattutto dai coetanei. Ma la domanda che dovremmo porci come educatori è “cosa facciamo per educare a non essere passivi?”. Ha concluso con la metafora del ponte che ci dice: piuttosto che le solite strade, seguiamo il bambino che ci chiede di passare dall’altra parte del fiume, non attraverso il ponte, ma semplicemente camminando nel greto del fiume. Saranno infinitamente di più le esperienze e le cose nuove che avremo conosciuto quando saremo arrivati sull’altra sponda. Daniele Chitti ha offerto uno spaccato molto interessante sulla governance locale, sempre in bilico fra pedagogia e politica. Riferendosi al come realizzare i poli per l’infanzia ha detto che “…sperimentazione vuol dire uscire dalla confort zone”. Abbandonare i vecchi schemi. Quando i maestri e gli educatori propongono nuovi percorsi “questo stimola il politico a fare delle cose”. Stefania Bossini ha sottolineato che i luoghi educativi “non possono prescindere dalla relazione” e che “generare meraviglia è la chiave di volta”. I luoghi, gli spazi sono importanti “…ma la differenza la fanno le persone”. E’ stato mostrato un video di una suggestiva esperienza, fatta con i bambini insieme alle famiglie, negli spazi all’aperto di una scuola romana dal titolo La notte delle lanterne. Moira Sannipoli ha avvertito che un polo per l’infanzia “…non è semplicemente uno spazio fisico”. C’è innanzitutto da “costruire una visione comune fra educatrici e insegnanti”. C’è bisogno di una formazione comune. Non è scritto da nessuna parte “come metti insieme bambini così diversi, educatrici e insegnanti…”. Ma possiamo partire da quello che i bambini ci hanno insegnato. Quindi la parola chiave potrebbe essere, per noi adulti, disapprendere. Mettere da parte le cose che abbiamo imparato a fare in un certo modo. Non è facile (soprattutto per chi lavora ormai da molto tempo). In tutti i casi disapprendere non basta “…dobbiamo liberarci dai pensieri lineari… sconfinare… diventare megafoni dell’infanzia… trasgredire con delicata attenzione… immaginarci più vuoti che pieni… imparare ad essere solidali nelle imperfezioni”. Per concludere “…non aspettiamo che il polo ci venga portato da qualcuno… sporchiamoci di più e saremo più fecondi”. I lavori si sono conclusi con gli appassionati commenti di Claudia Pratelli, e di Antonia Labonia che inoltre ha ringraziato tutti i relatori per i preziosi contributi di riflessione offerti. Prossimo appuntamento in maggio a Napoli.